Tutti pazzi per Trump! Così apre il Corriere l’articolo sull’intervento del Presidente al World Economic Forum di Davos. Congress Hall strapiena, ore di coda per accaparrarsi un posto in prima fila, il nostro “eroe” che da vera star si presenta con 20 minuti di ritardo (un incubo per gli organizzatori se pensate che l’intervento dura mezz’ora)… ma ne vale la pena. Il Trump show parte celebrando i risultati dell’economia americana, definita “grande, migliore, mai così forte”, ricorda i 7 milioni di posti di lavoro creati, i salari in crescita, gli investimenti in aumento…. Poi seguono slogan del tipo “la nuova prosperità dell’America è innegabile, senza precedenti e senza eguali in tutto il mondo” e “l’America ha raggiunto questo straordinario risultato apportando rilevanti cambiamenti politici, adottando un approccio completamente nuovo incentrato interamente sul benessere del lavoratore americano. Ogni decisione che prendiamo su tasse, commercio, regolamentazione, energia, immigrazione, istruzione e altro è focalizzata al miglioramento della vita degli americani di tutti i giorni”.
Gli piace la Casa Bianca e vuole rimanerci altri 4 anni, è chiaro.
Ma nessuno è lì per la campagna elettorale e l’attesa viene ripagata: arriva l’attacco alla FED, colpevole di aver tentato di fermare il sogno americano alzando i tassi. Quasi in contemporanea Steven Mnuchin ha dichiarato in un’intervista al WSJ che l’Italia e il Regno Unito rischiano di dover subire ulteriori dazi qualora non si ritirassero dalle proprie intenzioni di applicare ulteriori tasse alle società tecnologiche americane. L’avvertimento è arrivato subito dopo che la Francia ha accettato di “congelare” fino alla fine dell’anno la digital tax. La tregua, ha continuato Mnuchin, “può essere l’inizio di una soluzione”.

Occhio a scherzare con gli americani… ora che hanno risolto con la Cina hanno più tempo libero e Trump è in formissima, anche perchè neanche è iniziato il processo di impeachment al Senato e già ha riportato una piccola vittoria: i senatori del Grand Old Party hanno bocciato infatti la richiesta di introdurre nuove prove e i due emendamenti volti ad acquisire documenti appartenenti all’Ufficio di bilancio e del Dipartimento di Stato. È stata rigettata anche la mozione per far testimoniare Mick Mulvaney, capo dello staff della Casa Bianca che aveva ammesso la complicità di Trump nel bloccare i fondi per Kiev con la speranza di far pressione sull’Ucraina.
L’ottimismo continua a caratterizzare questo periodo e finalmente arriva anche nel Vecchio Continente: l’indice ZEW (fiducia delle imprese) ha battuto le attese sia a livello europeo che tedesco. L’euro ne ha beneficiato, apprezzandosi contro il dollaro fino ad un massimo di 1.1119. Ma questo rafforzamento è durato ben poco e siamo presto tornati in area 1.1080.
Chiudiamo con il Regno Unito, dove per una volta sono i dati economici a guidare l’andamento della sterlina: indice dei salari medi di novembre (3.2% contro 3.1% previsto), richieste di sussidi di disoccupazione di dicembre (14.9k contro 22.6k previsto) e variazione trimestrale dell’occupazione (208k contro 110k previsti) hanno spinto la divisa inglese al massimo di 0.8481 contro l’euro.

CALENDARIO ECONOMICO
10:30 – Vendite al dettaglio principali inglesi (Dic)
10:30 – Vendite al dettaglio principali inglesi annuali
10:30 – Vendite al dettaglio inglesi annuali
16:00 – Decisione sui tassi di interesse della BoC
17:15 – Conferenza stampa della BoC

EURUSD: 1.1086
EURGBP: 0.8448

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